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News

Nuove terapie conservative per la cura del retinoblastoma:
i risultati dello studio sperimentale al policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena
 

Per la prima volta in Europa è stata messa a punto a Siena, presso il policlinico Santa Maria alle Scotte, una nuova terapia per la cura del retinoblastoma, il tumore dell’occhio più diffuso nei bambini. L’importante risultato è stato realizzato grazie alla collaborazione della dottoressa Doris Hadjistilianou, responsabile del centro retinoblastoma dell’U.O.C. Oftalmologia, e del dottor Carlo Venturi, direttore dell’UOC NINT – Neuroimmagini e Neurointerventistica del policlinico Santa Maria alle Scotte. Di cosa si tratta? “E’ una nuova opportunità terapeutica – spiega Doris Hadjistilianou – che si aggiunge a quelle tradizionali e che può permettere di evitare l’enucleazione dell’occhio attraverso una tecnica di chemiochirurgia, eseguita dal neurointerventista e che abbiamo studiato presso lo Sloane Kettering Centre di New York. Prima dell’intervento i pazienti vengono accuratamente selezionati, in base alle caratteristiche cliniche della malattia, dall’oculista”. La tecnica di chemiochirurgia, approvata dal Comitato Etico, è una metodica angiografica di microcateterismo. “Attraverso un catetere sottilissimo e flessibile, che viene introdotto all’altezza dell’inguine nell’arteria femorale – spiega in dettaglio Venturi – possiamo arrivare sino all’arteria oftalmica da cui origina l’arteria centrale dell’occhio, e somministrare selettivamente una sostanza chemioterapica attiva ed efficace, con minima invasività oculare, che aggredisce il tumore e che ha bassissima tossicità per la retina”. In considerazione della vascolarizzazione dell’occhio, alimentato dalla sola arteria oftalmica, la somministrazione locale di chemioterapici, ripetibile ed a dose ridotta, può potenziarne l’attività e l’efficacia riducendo nello stesso tempo le complicanze tipiche dell’infusione sistemica tradizionale. Secondo i dati della letteratura mondiale, circa il 60% degli occhi con retinoblastoma è destinato all’enucleazione. “Il ruolo dell’oculista esperto in oncologia oculare – concludono Hadjistilianou e Venturi -  è quindi fondamentale per diagnosi, stadiazione, impostazione terapeutica e valutazione della risposta del tumore alle terapie. Allo stesso tempo la complessità dell’intervento e la precisione di particolari micro-manovre all’interno dell’occhio sono frutto della competenza del neurointerventista”. Poter risparmiare gli effetti collaterali della chemioterapia sistemica e ridurre i cicli di terapie e l’ospedalizzazione è un notevole miglioramento della qualità della vita per i piccoli pazienti. Il  “primato continentale” senese nell’attuazione della nuova terapia è legato alla fortunata presenza, all’interno dell’ospedale, di due reparti di alta specializzazione, quello oftalmologico e quello neurointerventistico, da anni punti di riferimento nazionali ed internazionali.

I risultati

Lo studio è partito nel 2008. Da giugno 2008 a novembre 2010 sono state effettuate 142 procedure di somministrazione su 38 pazienti per un totale di 41 globi oculari. Alcuni bambini infatti avevano entrambi gli occhi colpiti da retinoblastoma.
Il progetto è stato portato avanti su due tipologie di pazienti: bambini alla prima diagnosi (con malattia in stadio avanzato) e bambini già sottoposti ad altre terapie senza successo (trattamenti focali o chemioterapia sistemica).  A 6 mesi dalla fine del trattamento si è ottenuta una guarigione dalla malattia in 18 occhi, con il 60 % di successo nel totale dei bambini.
Per quanto riguarda i bambini alla prima diagnosi e non sottoposti ad altre terapie la percentuale di guarigione a 6 mesi è di circa il 43%.
Per quanto riguarda il gruppo di bambini che già si erano sottoposti ad altre terapie senza successo la percentuale di guarigione a 6 mesi sale al 75%. 

Il supporto dell’AIGR - Associazione Italiana Genitori dei Bambini affetti da Retinoblastoma
 
La Fondazione Monte dei Paschi, già da alcuni anni, sostiene le attività dell'AIGR, Associazione Italiana dei Genitori di bambini affetti da retinoblastoma, con grande sensibilità e attenzione per la malattia, i piccoli pazienti e le loro famiglie.
Il contributo della Fondazione è stato fondamentale anche perché ha consentito ad una giovane ricercatrice di approfondire attività scientifiche, di ricerca e aggiornamento relative allo studio sperimentale.

 

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